I ragazzi hanno bisogno di contatto e di incontro, prima ancora che di cultura e di conoscenza. Se la scuola impara a coniugare queste cose riesce nel proprio intento. La scuola che ignora questo fallisce. E continua a bocciare se stessa.
Questo è quello che ho imparato negli anni attraverso il lavoro nell’ASL Napoli 1 e nel Comune di Napoli, di prevenzione delle dipendenze, specie con il progetto Fratello maggiore (esperienza di peer-education), poi nei Centri diurni della Spagna, dove ho avuto modo di lavorare anche con bambini e ragazzi preadolescenti, infine in questa presente avventura dell’insegnamento, in cui ho la fortuna di conoscere ragazzi a partire dai 13 anni e accompagnarli oltre la loro maggiore età, un’esperienza che va avanti da 12 anni. Grazie a questo percorso, oggi, tra molti ex allievi, ho già davanti giovani che sono diventati miei colleghi insegnanti, educatori o operatori di comunità, psicologi e sociologi, con cui ho sempre più un confronto stimolante e dal quale traggo una maggiore convinzione che mi porta a queste considerazioni.
La scuola non deve solo essere interessante, portando i ragazzi fuori dalle aule scolastiche a conoscere il mondo vero, quello dell’arte e della bellezza, come ho sempre sostenuto e mi sono adoperato di fare; la scuola non può più solo usare i libri, poi i documentari, i film, oggi l’accesso alla rete internet, inventando gaming (apprendimento basato su quiz e giochi informatici), didattica capovolta, didattiche attive, orientative, alternanze scuola-lavoro, tirocini, tutoraggi, mentoring ecc., che ho comunque cercato d’implementare nel mio insegnamento: la scuola deve addestrare a conoscere i sentimenti e sperimentarli, dando il coraggio di uscire dalla famiglia, di cercare, trovare e costruire la propria famiglia nel mondo, anzi, migliorare il mondo arricchendolo con le proprie speranze, i propri desideri.
Per questo, nonostante il patrimonio culturale e umano stimolante che ho conosciuto e cercato di condividere con gli allievi, in questi anni, nella provincia di Salerno, andando a scoprire le risorse storiche e incontrando coi ragazzi anche le numerose comunità immigrate, ho scelto di portare avanti un progetto che non abbia più solo al centro i beni culturali, ma che sia costruito a partire dall’incontro e dal contatto, che sia rivolto a far crescere, nutrire, arricchire le relazioni dei ragazzi, fra loro e con il mondo degli adulti.
Tutto ciò è stato al centro dell’esperienza del progetto Benessere a scuola (spesso burocraticamente chiamato “Area a rischio” dal Ministero) che insieme allo Sportello di ascolto mi ha portato a promuovere la Biodanza, lo Yoga e altre pratiche liberatorie, di contatto e di autoconoscenza che hanno sensibilmente migliorato la vita degli allievi e delle persone con cui essi sono in contatto (famiglie, scuola, amici ecc.).
Da qui, dopo diverse sperimentazioni, insieme agli operatori professionali e ai volontari riuniti dall’associazione Mi girano le ruote di Campagna, abbiamo messo a punto una proposta completa che risponde anche a una emergenza del territorio abbastanza inquietante, quella del fenomeno dei suicidi adolescenziali e preadolescenziali, oggetto peraltro di uno studio che ci ha particolarmente ispirati, svolto da Vitina Maioriello, presidente della stessa associazione.
La stessa proposta presentata al Comune di Campagna.
In queste immagini diversi momenti dei progetti di Benessere a scuola praticati negli ultimi anni presso l’Istituto d’Istruzione Superiore Secondaria Teresa Confalonieri di Campagna, tra cui la Biodanza e altre tecniche liberatorie corporee e relazionali.