Il 28 maggio 2025 all’Università di Salerno, nella sede di Fisciano, presso il Dipartimento di Scienze Politiche e della Comunicazione, gli allievi delle classi quarte e quinte del Liceo delle Scienze Umane, del Liceo Economico Sociale e del Liceo Linguistico di Campagna hanno presentato i loro lavori di ricerca sociale sui temi interculturali svolti nell’anno scolastico 2024-2025.
La diversità indagata attraverso l’inclusione, l’alimentazione e lo sport. Ma anche la musica, la danza e altri aspetti culturali e religiosi.
I nostri studenti salgono in cattedra in una flipped classroom, ossia una classe rovesciata: sono loro a fare lezione e, gli insegnanti ed altri studenti universitari, ad ascoltare le loro presentazioni nei Dipartimenti universitari di UNISA.
Un meraviglioso progetto “Le Giornate dell’Intercultura” perché vede sempre più i giovani come protagonisti del cambiamento.
Una vera possibilità di trasformazione del modo di pensare, di giudicare e di sentire da parte dei giovani, in un tempo tragico come quello che stiamo vivendo, un vero segno di speranza che svela la loro curiosità naturale verso altri popoli e la legittima come motore propulsivo di un autentico cambiamento nelle relazioni di convivenza con etnie e religioni diverse.
La realizzazione nel presente del mondo che vogliamo, nonostante il vento di arretramento e di paura che soffia, il radicamento di relazioni forti che guardano ancora con fiducia allo sviluppo di vera umanità.
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Le ricerche svolte dagli allievi della 4^ e 5^ C del Liceo economico sociale dell’Istituto d’Istruzione Superiore Teresa Confalonieri di Campagna.
10 giugno 2025
Introduzione
di Fulvio Mesolella, docente di Scienze Umane e Filosofia
La spontanea ricerca dell’altro
I ragazzi delle nostre parti, che vivono nella Valle del Sele e in buona parte della provincia di Salerno, perlopiù guardano con serenità all’incontro di culture, o almeno percepiscono con curiosità la diversità di provenienza dei loro compagni di prima o seconda generazione, nonostante la presenza di altre etnie stia diventando sempre più forte, in alcune classi primarie quasi soverchiante. Abbiamo una discreta presenza di ragazzi e di allievi di origine marocchina, algerina, russa, ucraina, polacca, rumena, albanese, di etnia gitana e ancora di altre minoranze in crescita, come quelle indiane e pakistane.
E quando non fiorisce spontaneamente simpatia e amicizia, spesso c’è una forza ancora più travolgente che spinge verso la diversità che è l’innamoramento, a volte anche l’amore.
Ciò che forse serviva ai nostri ragazzi era di legittimare questa curiosità, di esprimerla in parole e di comunicarla fra loro e comunicarla a noi adulti sotto forma di ricerche per riflettervi insieme, di non dare per scontata la differenza che ci avvicina sempre più inesorabilmente a una società multiculturale. Se diamo per scontato l’altro rischiamo di passare con indifferenza davanti alla differenza, e questo prelude a una società dove si coltiva il sospetto, l’ignoranza, la paura e il rifiuto ottuso e aprioristico, il senso di superiorità che nasconde la nostra insufficienza e impreparazione, su cui cavalcano i movimenti che rischiano di riportare l’umanità indietro.
Invece lo sforzo di questo progetto è stato di spingere in maniera leggera i ragazzi a riconoscere che ogni tentativo di parlare, di confrontarsi, di riflettere insieme ci fa fare un passo avanti, verso un mondo che guarda con fiducia e interesse alla diversità, costruendo quel passaggio che prefigura una società migliore perché interculturale, ci fa vedere il diverso come opportunità di miglioramento per noi stessi. E non pretendendo contenuti perfetti o impeccabili, ma lasciandoli liberi di intraprendere al modo loro, troviamo ragazzi già pronti e disposti, anzi, giovani che hanno da raccontarci quanto hanno già timidamente o coraggiosamente fatto, già da quando erano adolescenti.
E allora si è parlato di identità, di mettersi nei panni degli altri e comprenderne le difficoltà psicologiche, anche tramite opere d’arte come la filmografia dedicata a questi temi, si è espressa la naturale curiosità verso cibi e forme di alimentazione diverse dalle nostre, verso la musica, gli usi e le tradizioni, le forme artistiche.
È vero anche che non tutti i ragazzi sono pronti a questa proposta, spesso riflettendo scarse attitudini all’incontro che vengono dal mondo degli adulti che li circondano: è vero che spesso vanno incoraggiati e anche un po’ spinti ad incuriosirsi. Ed è anche vero che non sempre tutti i ragazzi sono pronti a capovolgere la classe, cioè a salire loro in cattedra e farsi ascoltare, smettendo di studiare come vuole la scuola della noia: solo per ripetere a memoria quanto inevitabilmente dimenticheranno presto. Una scuola che sa accogliere le emozioni è una scuola che aiuta a costruire qualcosa di più duraturo delle singole emozioni, che sa aiutare a uscire dalla solitudine e vivere trasformandosi essa stessa in un tessuto di affettività e di passione.
E per di più è vero che anche noi docenti (e, purtroppo, anche i nostri dirigenti) non siamo preparati a una scuola del coinvolgimento, dell’incontro, del contatto: per motivi culturali, per motivi di predisposizione personale, per la difficoltà di uscire dalla ristrettezza della nostra formazione teorica, dello scarso “addestramento” pratico all’abbandono della rigidità dei ruoli o, peggio, dei regolamenti e delle leggi che ignorano, temono e spengono la “vitalità” in cui fioriscono le giovani vite. In fondo noi siamo stati educati in una scuola come quella degli anni ‘60-’80, costruita sulla distanza e sul sadismo, ed è già molto il fatto di riuscire ad offrire una disponibilità un po’ più umana dei modelli deleteri che abbiamo subito, specie in presenza di una tendenza al modello antidemocratico, falso e pericoloso della scuola-azienda, e di governi o ministri che mostrano solo la loro paura delle sfide attuali, chiudendosi nel vergognoso rimpianto di epoche passate.
Ma quello che continuiamo a vedere nelle Giornate dell’intercultura è una prova di fiducia e di benessere, di allegria e di passione che preludono al mondo migliore che desideriamo, alla società cui concorriamo con i nostri allievi, nel loro interesse, perché il loro futuro sia aperto e felice. Si tratta di valori che la nostra Costituzione ribadisce con intelligenza, con sapienza e con una autentica visione del futuro: la responsabilità, la legalità, la partecipazione, la solidarietà, l’uguaglianza, i diritti umani, la pace e la sostenibilità. In queste giornate ci incontriamo e riconosciamo simili nelle nostre pratiche e nelle nostre aspirazioni con altri docenti di tutti i livelli, trovando sponda nell’università, riuscendo finalmente a farlo anche con alcune famiglie di varie etnie. E questi valori sono testimoniati dai nostri ragazzi nell’incontro con i loro coetanei originari di altri paesi e continenti: lo fanno già con l’esempio della loro disponibilità e con il contatto umano. E questa è davvero una bella notizia.
Fulvio Mesolella